Requisire per meglio curare

By firenzecittaaperta 4 anni ago
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A Firenze 1.000 posti letto per la quarantena di contagiati, sorvegliati e persone a rischio? SI PUÒ FARE!
Costa meno in termini di vite perse e di denaro speso.

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In queste ore l’attenzione di tutte le istituzioni è giustamente centrata sull’emergenza sanitaria, per tamponare agli effetti di un decennio di tagli del SISTEMA SANITARIO NAZIONALE che ci ha fatto trovare impreparati. E questa impreparazione è ancora più evidente per quanto riguarda la produzione dei DISPOSITIVI DI SICUREZZA.
I teorici della spending review in campo sanitario che hanno tagliato e ridotto le capacità del pubblico affidandosi progressivamente al privato per subentrare e poter teoricamente sopperire alle mancanze dello Stato, cosa direbbero oggi? È ormai sotto gli occhi di tutti e tutte che se riuscissimo a calcolare i costi sociali, economici e umani che sosteniamo e dovremo sostenere nei prossimi mesi per l’emergenza Covid19 questi sarebbero di molto superiori rispetto al ‘risparmio’ ottenuto dai tagli alla Sanità in Italia.

Siamo di fronte ad un’azione profonda e necessaria da condurre ad ogni livello. I comuni, ed in particolare gli enti di medie dimensioni e quelli che, come il Comune di Firenze, non vi hanno provveduto ancora, visto l’esplosione dell’emergenza, possono fare molto per prepararsi al periodo di gestione della quarantena ed evitare che la pandemia si sviluppi oltre. Questo lo si deve fare anche prevedendo di poter aiutare gli altri territori più in difficoltà. Ne usciremo quanto prima riusciremo a comprendere che non esistono più confini a proteggerci. La gestione della quarantena e dell’allontanamento da situazioni di rischio è e sarà fondamentale, sia per le persone contagiate che per i familiari che sono le prime persone esposte da non obbligare alla convivenza forzata che può diventare causa di ulteriore contagio.

A questo proposito abbiamo trovato di particolare interesse l’articolo pubblicato dal Presidente dell’accademia dei Lincei Giorgio Parisi.

Ad oggi il Comune di Firenze, tramite una convenzione della Regione con gli alberghi, ha comunicato di avere reperito alcune centinaia di camere, al prezzo giornaliero tra €30,90 i €38 oltre al costo dei servizi necessari. È una misura utile, non c’è dubbio, ma che sarebbe stata adeguata ad una situazione ordinaria.

In questa fase NON BASTANO le misure ordinarie.  Siamo in una situazione di emergenza dove ogni euro deve esser speso ottenendo il massimo beneficio, tramite l’utilizzo di ogni strumento messo a disposizione dalla normativa emergenziale, comprese appunto le requisizioni.

#NIENTESARAPIUCOMEPRIMA

Tante e tanti fiorentini, nel silenzio, hanno messo a disposizione di medici, infermieri e personale sanitario, i propri alloggi vuoti, di norma locati a turisti, anche gratuitamente, avendo scelto di sostenere così chi sta salvando le vite.

CHIEDIAMO che la stessa cosa sia fatta dalle grandi proprietà che gestiscono enormi patrimoni immobiliari (banche, curia, assicurazioni).

Certo c’è bisogno di attenzione e studio. Non ogni immobile va bene, non qualunque spazio può essere utile ad ogni tipo di situazione e persona da accogliere. Ovvero se per le famiglie che hanno necessità di spostarsi dall’abitazione per stare lontano dal familiare contagiato (in Cina il 77% dei contagiati lo sono stati da familiari), dopo un periodo di sorveglianza, andrà bene qualsiasi alloggio, in qualunque struttura, cosa diversa sarà per i contagiati confermati che avranno bisogno di alloggi autonomi, che permettano una autonomia totale, in edifici adatti a limitare al massimo i contatti con l’esterno. Tra questi due casi estremi avremo bisogno di strutture per le persone sottoposte a sorveglianza attiva che, seppure con limitazioni, potranno essere accolte in strutture temporanee dove poter ruotare gli ospiti per il periodo dei 14 giorni di monitoraggio.

Occorrerà anche pensare a come affrontare la crisi per quelle famiglie e persone che dovessero essere contagiate trovandosi in strutture collettive, come alberghi popolari, RSA o centri d’accoglienza: a tutela di chi ci lavora e di chi è accolto non si può pensare che siano abbandonati a sé stessi, come esseri umani di serie B. I dati della Lombardia mostrano come le RSA siano strutture ad altissimo rischio di mortalità.

Mai come oggi sarebbe servito il censimento degli immobili sfitti che il Comune non ha approvato.

Non c’è tempo da perdere e per questo è importante anche trovare soluzioni differenziate, capaci di essere attivate progressivamente, in base all’incidenza numerica che il virus acquisirà nelle prossime settimane: alcune soluzioni già pronte, ed altre risultanti da un mix di interventi più sul lungo periodo, affrontando l’emergenza di oggi, pensando anche al domani più prossimo e più lontano, rispetto a future probabili pandemie previste da molti studi di virologi e di ecologisti.

LE PROPOSTE

Ed ecco che l’elenco di una ricognizione effettuata nelle ultime ore ci permette di avanzare le seguenti proposte all’Amministrazione Comunale.

  • Utilizzare immobili vuoti di proprietà pubblica:

*in  Via dei Pepi, ci sono almeno 10 alloggi popolari che non sono stati alienati dal Comune di Firenze al fondo di investimento, e che possono, con qualche piccolo lavoro edile, essere degli ottimi alloggi volano per le famiglie che devono abbandonare le loro abitazioni.

* l’edificio dell’ospedale militare di San Gallo, che sappiamo ancora in mano a Cassa Depositi e Prestiti, anche se un progetto vorrebbe vederci realizzato altro, potrebbe essere una struttura da tenere ben presente se dovessimo ricorrere a strutture sanitarie d’urgenza. Un ospedale era e in caso di emergenza potrebbe tornare ad esserlo.

*l’ospedale di San Giovanni di Dio in Borgo Ognissanti su cui dal 2018 sono stati avviati i lavori di ristrutturazione.

*le tante Caserme dismesse in giro per la città, alcune vendute ed altre inutilizzate e lasciate abbandonate, in condizioni pessime, possono dimostrarsi molto utili in questa crisi.

*le proprietà che la Regione Toscana ha messo in vendita, certamente utili per il medio periodo.

Perché non prevedere che Villa Basilewsky possa vedere un investimento di ristrutturazione, che parta in questa emergenza, e che possa essere in caso utilizzata in emergenza per la sorveglianza attiva dei possibili contagiati, qualora il loro numero dovesse crescere. Un domani potrebbe diventare un intervento di edilizia residenziale pubblica in una proprietà che verrà sottratta alla vendita. Ed è possibile utilizzare anche Villa Fabbricotti.

*studentati pubblici o in convenzione, lasciati vuoti dalle studentesse e dagli studenti fuori sede tornati al luogo di residenza: è a tale fine prioritaria una ricognizione – non in alternativa ma quantomeno prima di spendere soldi per convenzionarsi con strutture private- con le Forze dell’Ordine (per la Caserma di Castello-Allievi Carabinieri), con l’Università degli Studi, con l’Azienda Regionale al Diritto allo Studio, con l’Educandato statale di Poggio Imperiale.

CHIEDIAMO che il Sindaco si attivi immediatamente con il presidente della Regione e il Ministro della Difesa: queste potrebbero essere strutture utili per accogliere e realizzare punti di accoglienza.  Per non giungere al possibile ricorso a soluzioni come i container nella zona di viale Guidoni, non prima di aver verificato la fattibilità di una requisizione a norma di legge, per interesse pubblico, di quelle strutture che sul territorio ci sono e sono destinate a rimanere vuote anche durante questa crisi, per l’immobilismo e la passività dell’Amministrazione in generale.

  • LE REQUISIZIONInella normativa governativa di emergenza è la soluzione primaria. Chiediamo di effettuarle.

Riteniamo necessario predisporre un PIANO DI REQUISIZIONI – da sottoporre al Prefetto – che possa affrontare progressivamente l’incremento, impossibile da prevedere, delle criticità e delle emergenze che includa anche strutture dismesse come l’ex clinica Santa Chiara di Piazza Indipendenza e le quasi 200 strutture prefabbricate del campeggio di Rovezzano, se proprio dovremo dedicare spazi in container alle famiglie in difficoltà.

E infine, per concludere questa nostra breve ma densa disamina, perché non requisire da oggi, visto che fino a ieri non è stato fatto, gli STUDENT HOTEL del nostro territorio, a partire da quello di Viale Lavagnini. Queste strutture, come si stanno rendendo conto ben prima di noi altri Paesi europei che stanno procedendo alla requisizione di queste attività, hanno una organizzazione perfetta per affrontare una crisi epidemiologica. La Cina, che viene spesso citata come esempio da seguire, ha istituito dopo 8 giorni dalla prima emergenza strutture di quarantena centralizzate, utilizzando alberghi e dormitori per studenti. Si tratta, di norma, di strutture costruite per una doppia funzione. La prima è costituita da appartamenti di medie dimensioni autonomi e con limitati spazi in comune, che possono avere cucina e bagni indipendenti, l’altra con camere da albergo, con percorsi distinti e adatti ad isolare completamente o ridurre i contatti con l’esterno delle persone senza penalizzare eccessivamente le persone. Inoltre, in alcuni casi vi sono anche vere e proprie strutture a supporto della residenza che in un momento come questo possono rivelarsi molto utili.

COSTI DELLE REQUISIZIONI- E a chi ci obietterà, arrivati alla fine dell’elenco, che i costi potranno essere elevati precisiamo che nel decreto è prevista una indennità del 0.42% mensile del valore dell’immobile, e non del valore dell’attività che si svolge all’interno. Facciamo un esempio: un immobile di 10 milioni di euro costerà 42.000,00€ al mese, poco più del costo che il Comune sta sostenendo per le casette prefabbricate a Novoli. Come abbiamo già detto, questo dimostra che prima di arrivare a spendere quei soldi ci sarebbero state molti altri interventi fattibili, con risultati quantomeno paragonabili.

CONSIDERAZIONI FINALI – Anche in un momento di crisi e difficoltà come quello che stiamo vivendo, vale la pena pensare prima a cosa sarebbe più corretto fare. Quindi ben vengano le casette prefabbricate e gli accordi con gli albergatori ma ci sarebbero tante altre possibilità: un piano d’emergenza è quello che serve, che sappia utilizzare ogni strumento, non pensare all’oggi ma al peggio che potrebbe accadere domani. Così davvero si tutela una comunità, si mira a soddisfare l’interesse pubblico della cittadinanza che si è chiamati ad amministrare, e in una ottima sintesi di solidarietà e reciproco supporto si riesce anche ad essere di aiuto per quelle popolazioni che oggi, e domani, saranno più colpite dalla crisi economica, sociale e sanitaria che stiamo vivendo.

Firenze Città Aperta

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31/03/2020 – Conferenza stampa

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