Il 25 aprile a Firenze: San Frediano antifascista e resistente

By firenzecittaaperta 4 anni ago
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Nel suo saggio “Fascisti Toscani nella Repubblica di Salò”, Andrea Rossi, in riferimento a Livorno, parla di “antifascismo umorale”, un termine appropriato per molte realtà locali dell’antifascismo popolare toscano e spesso sovrapposte alla realtà di un antifascismo ideologico, anche precedente alla Resistenza del 1943-45.

Nel quartiere di San Frediano a Firenze questo fenomeno di amalgama fra istinto e coscienza politica si ripropone in tre grandi periodi dell’antifascismo: quello delle origini, che porta ai tumulti popolari del 1921 in seguito all’assassinio fascista del sindacalista Spartaco Lavagnini; quello passivo (e, sì, in questo caso soprattutto “umorale”) che sopravvive agli anni di normalizzazione del regime e si nutre soprattutto delle relazioni e delle memorie familiari; e quello che ritorna di massa come nel ‘21, ma più duraturo nel tempo, attraverso il periodo drammatico dell’occupazione tedesca e della lotta partigiana, lo stesso che ha garantito a lungo anche nel dopoguerra una certa identità politica di quartiere ribelle.

La socialità di San Frediano è stata dal XIX° secolo all’inizio del secondo dopoguerra qualcosa di particolare: non da quartiere operaio come il vicino “Pignone”, ma da area di sottoproletariato e piccolissima borghesia insieme; dove nelle stesse famiglie potevano convivere la sovversione politica e la micro-criminalità dei poveri; il piccolo artigiano, con l’anarchico “professionale”, con il ladruncolo, con la prostituta. Il fascismo, come racconta il professore Stefano Gallerini in “Antifascismo e Resistenza in Oltrarno”, mette ordine poliziesco e autorità, ma mai radici in questo microcosmo caotico. E se il regime in guerra crolla una prima volta il 25 luglio 1943 come un castello di sabbia in tutta Italia, la storia dell’Oltrarno nella Resistenza fiorentina dimostra come da qualche parte le fondamenta sono sempre state deboli.

Le vicende della Resistenza a Firenze sono quelle di tanti quartieri, ma l’Oltrarno ne è in buona parte l’avanguardia politica: vi ha vissuto Bruno Fanciullacci, organizzatore dei Gruppi d’Azione Patriottica (GAP), la Resistenza Urbana; è nato nel già citato Pignone e conosce bene San Frediano e la sua gente Aligi Barducci, il futuro comandante partigiano “Potente”; soprattutto vi è quasi inesistente, sotto l’occupazione nazista, il nuovo “fascismo repubblicano” della “Repubblica Sociale”, che cerca di riaprire il vecchio circolo rionale fascista di San Frediano, il “Luporini”, ma senza consensi. Questa ostilità viene infine pagata dagli abitanti del quartiere il 17 luglio 1944 con l’uccisione di 5 civili, tra cui il bambino di 8 anni Ivo Poli, da parte degli uomini della Banda Carità, i più feroci fra i collaborazionisti toscani.

L’Oltrarno è anche avamposto della discesa in città delle formazioni partigiane, prima fra tutte la Divisione Arno del Comandante di “Potente”. La Liberazione fiorentina, ufficialmente associata all’11 agosto, in Oltrarno inizia con l’arrivo delle formazioni partigiane tra il 3-4 agosto. Qua inizia anche la prima grande battaglia urbana della “Divisione Arno” e dei civili fiorentini: i tedeschi si sono già ritirati nella parte nord della città, ma si scatena intanto lo “snipering” dei “franchi tiratori”, circa 200 fra gli elementi più disperati e fanatici che i fascisti fiorentini in fuga verso nord lasciano nei quartieri dell’Oltrarno e, successivamente, in altre aree cittadine. Su di loro si svilupperà poi una prolifica pubblicistica neo-fascista che arriverà a esaltare come gli eroi di una resistenza popolare “al contrario”, contro partigiani e anglo-americani (già nei primi mesi del 1945, alla fine della “Repubblica Sociale”, “Porta Romana”, la rivista della Federazione Fascista Fiorentina in esilio nel Nord Italia, parlerà senza senso del grottesco di insurrezione filo-fascista dell’Oltrarno); ma per decenni a San Frediano rimane soprattutto la memoria di un terrorismo spietato contro partigiani e civili da parte dei cecchini fascisti, con decine di morti.

Sotto una cannonata tedesca muore invece il comandante “Potente”, che verrà sostituito a capo della “Arno” da un altro combattente di primo piano, Angiolo Gracci “Gracco”. Sarà di quest’ultimo il merito, oltre che delle imprese militari, dell’ultima grande impresa politica della Resistenza fiorentina: evitare il disarmo prematuro dei propri partigiani da parte dell’8° Armata Britannica, contribuendo a dare all’insurrezione partigiana pure il valore di base per la costruzione di una non facile autonomia dagli “Alleati”, precedentemente debole nella Resistenza italiana. Certo, la capacità del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) di farsi contro-potere rimane embrionale, ma riesce a prendere un minimo di forma grazie anche al radicamento dell’antifascismo in alcuni quartieri popolari.

E arriviamo a oggi: il volto dell’Oltrarno è cambiato ma, come accennato, le piccole pagine, non necessariamente eroiche, ma anche di più banale dignità, scritte nelle sue strade per il libro più ampio della Resistenza toscana e italiana, hanno saputo rimanere un patrimonio vivo, che ogni tanto riemerge nella vita sociale e politica del quartiere.

Lorenzo Lazzerini

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