15 Luglio 2021
Un ventennale segnato da numerosi attacchi all’occupazione, sostenuti dal Governo Draghi di Moreno Biagioni Come prima, peggio di prima – Da più parti, a più riprese, è stato riaffermato che dopo la pandemia la situazione sarebbe stata ben diversa da prima. E’ vero, se ne hanno molte avvisaglie, nel mondo del lavoro e nella società. Solo che ci troveremo, ci stiamo già trovando, in una situazione diversa sì, ma peggiore di quella precedente: stanno aumentando gli incidenti, spesso mortali, sul lavoro, sono entrate in azione, in alcuni casi, “squadracce” di picchiatori per impedire i picchettaggi anti-crumiri degli scioperanti, è iniziata la stagione dei licenziamenti, nonostante le diatribe fra chi voleva che la moratoria si prolungasse per lo meno fino ad agosto e chi invece voleva dare licenza di licenziare a partire da subito (la soluzione è stata il cosiddetto “avviso comune”, cioè la benevola sollecitazione ai “padroni” a voler cercare tutte le strade possibili prima di procedere ai licenziamenti). La Multinazionale inglese Melrose, – e non è certo un caso isolato – non ha fatto ricerche del genere né avviato confronti: ha deciso di chiudere la produzione a Campi Bisenzio, probabilmente per delocalizzarla laddove si ha un costo minore e probabilmente vi sono maestranze non sindacalizzate e quindi meno combattive: i/le 422 operai/e della Gkn Driveline dalla sera alla mattina si sono ritrovati senza lavoro (con conseguenze anche sull’indotto), avvisati/e da una mail sulla loro pec. Il necessario rilancio della lotta di classe – Da tempo c’è chi sostiene che “siamo tutti sulla stessa barca” (specialmente ora durante la pandemia) e che “non esistono alternative” (in inglese questa affermazione della signora Thatcher veniva condensata nell’acronimo TINA – There Is Not Alternative -), derivandone, come conseguenza, che le lotte sindacali e sociali non avevano e non hanno più senso. L’economista Luciano Gallino riteneva, peraltro, già qualche anno fa, che la lotta di classe non era mai venuta meno, solo che, al momento, l’avevano vinta alla grande i padroni e si trattava di passare alla controffensiva. La situazione da allora non è cambiata, anzi, se possibile, si è ulteriormente aggravata, con il mondo del lavoro che è stato messo ancor più nell’angolo. Tanto è vero che in certi settori siamo tornati a condizioni lavorative dell’Ottocento, con la necessità di battersi nuovamente per ridurre l’orario di lavoro (ricordate il film “I compagni”, in cui Monicelli ci raccontava la storia di una lotta, nella Torino ottocentesca, per ridurre l’orario da 14 a 13 ore?). Grazie signora Thatcher e grazie signor Renzi – L’intento dei “padroni del vapore” è di potersi liberare il più possibile dai “lacci e lacciuoli” dei contratti a tempo indeterminato per poter usufruire del lavoro precario, la forma oggi prevalente grazie a provvedimenti governativi che hanno avuto la loro punta di diamante nel “job act” di Renzi (sulle orme del suo modello inglese Tony Blair, il laburista degenere che aveva portato a compimento l’attacco a lavoratori e lavoratrici avviato dalla signora Thatcher). In certo qual modo, si fa un’operazione egualitaria, ma